Sulle Orme di Egeria

Le Signore della città Ducale


Passeggiando per le viuzze lastricate di Vigevano – prima un semplice borgo, ora divenuta città industrializzata grazie all’arte della calzatura – non si può che restare incantati dalla meraviglia che inevitabilmente si prova giungendo nella Piazza Ducale, definita da sempre il “salotto vigevanese”. Essa può essere considerata la prima piazza “formale” della storia, un esempio per le più celebri piazze d’Italia e fiore all’occhiello, insieme al Castello, dell’urbanistica europea e del pensiero architettonico rinascimentale.

Ancora oggi, soprattutto nelle belle giornate di sole, sovente è possibile accomodarsi ad uno dei tanti tavolini che costeggiano i portici e, con la compagnia di un buon caffè o un aperitivo, ci si lascia trasportare indietro nel tempo, nella corte rinascimentale che animava l’intero borgo. Ed è proprio fra questi ambienti che si destreggiò una delle grandi dame più popolari del Rinascimento: Beatrice D’Este, il diamante della corte ducale del marito Ludovico il Moro. Ella ebbe la fortuna di vivere nel periodo di maggior splendore del Ducato di Milano e di Vigevano; infatti, il duca, desideroso di mostrare una piazza fino ad allora mai pensata, domandò ai suoi architetti di fiducia – fra cui Donato Bramante, ideatore della Torre che domina il Castello e la Piazza Ducale – di progettare una sorta di “anticamera” che fungesse da ingresso trionfale per l’imponente Castello Sforzesco. All’epoca di Ludovico il Moro, la Piazza si presentava con un aspetto differente rispetto a quello attuale: due archi trionfali interrompevano i portici in corrispondenza delle odierne via del Popolo e via Silva e per accedere al Castello veniva utilizzata una lunga rampa di pietra percorribile da cavalli e carri. Non vi era ancora la facciata barocca del Duomo, al cui posto si trovava, invece, la Chiesa Cattedrale. Anche le decorazioni dei muri erano diverse; oggi è possibile ammirare quelle originali nei locali del bar “Largo 34”.

Nonostante l’unione fra Ludovico e Beatrice fosse stata combinata, il Moro se ne innamorò, tanto da abbellire per lei il Castello, affinché potesse disporre di una residenza di campagna non meno pittoresca di quella di Milano. La duchessa, giovane, bella e intelligente, ben presto fece fiorire una corte sfarzosa e vivace, fra cui emersero anche figure del calibro di Leonardo Da Vinci.

Purtroppo, il Castello di Vigevano non ci ha tramandato, rispetto ad ogni maniero che si rispetti, storie di fantasmi o eventi soprannaturali, tranne dove allora si trovava la “loggia delle dame”, ossia le stanze occupate dalla duchessa e dalle altre donne della corte. Le voci narrano che, nelle calde notti d’estate, gli spiriti inquieti delle dame di Beatrice amino ancora passeggiare nel loggiato. Ed effettivamente, man mano che cala il buio, le stampe di alcuni dei ritratti femminili più famosi del Rinascimento – come, ad esempio, la “Dama con l’ermellino” – affisse a qualcuna delle finestre murate del Castello, chiaramente visibili uscendo dal portone con lo stemma degli Sforza e incamminandosi verso via Riberia, sembrano proprio dare credito a queste ipotesi.

Ma Vigevano non vanta solamente storie di grandi dame: anche Camilla De’ Rodolfi e Lucrezia De’ Bastici meritano il loro dovuto riconoscimento, in quanto eroine della città. Nel giugno 1449, le truppe di Francesco Sforza assediarono il Castello e i suoi occupanti si difesero con coraggio; tuttavia, quando ormai la situazione sembrava volgere nella loro sconfitta, una leggenda popolare ci racconta che un gruppo di intrepide donne, capitanate dalla nobile Camilla, raccolse le armi degli sfiniti mariti e fronteggiò il nemico, fino alla sua ritirata.

Sulla stessa linea, circa un secolo dopo, anche Lucrezia De’ Bastici fu altrettanto coraggiosa; un gruppo di mercenari spagnoli assaltò il Palazzo Comunale, pretendendo la paga non ricevuta dai capi. La furia spagnola si abbatté sulla città per settanta giorni, non risparmiando nessuno. Lucrezia, figlia del console, guidò valorosamente un drappello di donne in un disperato tentativo di opporsi ai mercenari; tuttavia, morì colpita da una palla di archibugio, trasformandosi così in un’eroina per i vigevanesi. Oggi, sia a Camilla che a Lucrezia sono state intitolate due vie attigue vicine al centro della città.

Dovranno passare alcuni secoli prima che le donne ritornino protagoniste nella storia vigevanese. Dopo la morte del marito, Donna Agnese Riberia di Castiglia, figlia del governatore e castellano di Vigevano, fece costruire in via Strata – oggi via Cairoliuna casa per mantenere le fanciulle orfane e povere; l’edificio, noto in seguito come “Orfanotrofio Riberia”, fu inaugurato dalla stessa Agnese nel 1641, dove vi si insediarono le monache carmelitane. Ai giorni nostri, in via Riberia è ancora possibile ammirare il monastero, oggi adibito ad abitazione privata, mentre dal cortile è stato ricavato un giardino pubblico.

Spostandoci dal centro verso le zone più periferiche, in corso Torino, troviamo la vecchia casa di una figura femminile alquanto controversa, che iniziò la sua personale lotta contro la dittatura fascista occupandosi di trasportare la stampa clandestina. Siamo nel 1943 e Clementina “Mentina” Torti, insieme con il fratello, si recava ogni domenica mattina alla Camera del Lavoro, allora situata presso l’ex “casa del Balilla”, sopra la palestra dell’odierna scuola elementare di Via Diaz. Qui arrivavano i pacchi del giornale comunista clandestino, che Mentina si occupava di distribuire. Grazie alla sua astuzia, poté continuare la sua pericolosa attività fino al giorno della Liberazione.

Anche Anna Botto, maestra di Vigevano, alla quale nel 1973 è stata dedicata una scuola elementare e, qualche anno dopo, anche la via dove si trova oggi la scuola elementare “Vittorio Ramella”, si impegnò nel dare rifugio e assistenza ai soldati inglesi fuggiti dai campi di prigionia italiani e partecipò attivamente alla lotta clandestina, portando a termine numerosi incarichi affidatile dai partigiani. Fu arrestata per la sua attività sovversiva nel luglio del 1944 e poi condotta verso il campo di concentramento di Ravensbruck, dove morì poco prima dell’arrivo dell’esercito russo.

Inoltre, Vigevano ha dato i natali a numerose donne attive nel campo del cinema e dell’arte. Indimenticabile la figura di Eleonora Duse, legata a Vigevano da una pura casualità, in quanto venne alla luce nel 1858 presso l’allora albergo “Cannon D’Oro”; il palazzo storico è ancora oggi visibile e visitabile, a pochi passi dalla Piazza Ducale, sul quale spicca in bella mostra una targa che reca la data di nascita dell’attrice, considerata una delle maggiori esponenti teatrali italiane di ogni tempo.

Meno famosa, ma non meno importante, fu Amalia Pellegrini, nata a Vigevano nel 1873, la quale, attraverso il cinema fascista e poi la “commedia all’italiana”, cavalcò quasi un ventennio di storia cinematografica.

Un vanto tutto al femminile lo si ritrova anche nel panorama artistico, grazie alla figura di Bice Nani, nata nel 1898 e allieva del grande pittore locale Ambrogio Raffaele, specializzata nella composizione di paesaggi e temi floreali, a cui seppe infondere una grande espressività. Altra donna meritevole di menzione fu Anna Bocca, pittrice vigevanese che seppe ritagliarsi un posto sulla scena internazionale del XX secolo, grazie alla sua padronanza del colore; per tutta la vita perseguì l’ideale di un figurativismo improntato ad un’interpretazione più personale che oggettiva.

È stato possibile descrivere queste impavide donne grazie alle notizie storiche, ai miti che circolano sul loro passato e alle vie che sono state loro dedicate. Eppure, viene spontaneo domandarsi quante altre figure femminili abbiano dato valore alla storia di Vigevano, pur senza essere state esplicitamente ricordate; basti pensare alle mondine, le lavoratrici stagionali delle risaie, da cui Vigevano è circondata. Il loro mestiere consisteva nello stare ore e ore con l’acqua fino alle ginocchia e la schiena curva per togliere le erbacce infestanti che disturbavano la crescita delle piantine di riso. Al giorno d’oggi, è solo grazie ai racconti delle bisnonne e nonne vigevanesi che se ne conserva ancora memoria. Dunque, questo gruppo di infaticabili lavoratrici non è forse degno di ammirazione quanto le dame di corte, le eroine, le benefattrici, le ribelli e le artiste citate poco prima?

Insomma, non si può dire che, a livello locale, la città difetti di figure femminili che meriterebbero ben più che una semplice via a loro intestata o targhe sui palazzi storici.

Un ultimo doveroso e decisamente più attuale accenno va fatto a Bianca Garavelli, scrittrice e studiosa vigevanese scomparsa lo scorso inverno; a lei va attribuito un enorme merito per i suoi studi e approfondimenti su Dante Alighieri, di cui ha curato diverse edizioni e critiche della Divina Commedia.

Beatrice Gioia

“La fortuna aiuta gli audaci”
Virgilio, Eneide

2 risposte a “Le Signore della città Ducale”

  1. Complimenti per l’articolo, davvero molto interessante!
    Sono capitato per caso oggi sul vostro blog, e lo trovo molto ricco di notizie!
    Da tempo sono interessato al femminile, e stavo cercando un posto in cui approfondire questa conoscenza… adesso penso di averlo trovato.

    • Grazie per l’apprezzamento e le belle parole! Il Blog sarà presto arricchito da nuovi interessanti contributi, speriamo di averLa tra i nostri assidui Lettori!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *