Sulle Orme di Egeria

Ninfa: il Giardino delle donne Caetani


“Presso la sorgente del fiume Nympheus, lingue di fuoco si alzavano da pietre bagnate, vibrando e oscillando a ritmo di musica”

Leggenda su ninfa tramandata da Plinio il vecchio

Nell’Agro Pontino, ai piedi dei Monti Lepini, dove era situata una città medievale nei territori che un tempo erano detti della Marittima appartenuti alla prestigiosa famiglia Caetani, oggi risiede – custodito all’interno delle antiche mura e quasi nascosto dalla folta vegetazione – il Giardino di Ninfa, definito dal New York Times “il più bello e romantico del mondo”.  La storia di questo territorio affonda le sue radici in epoche lontane, la prima testimonianza ci arriva da Plinio il Vecchio che nomina un ninfeo romano – purtroppo non pervenuto – in prossimità della sorgente del fiume che da esso prende il nome, Nympheus, e che attraversando la città l’ha consacrata come Ninfa. Il Giardino nasce invece all’inizio del Novecento, ma non tutti sanno che è tale soprattutto grazie a delle donne: tre sono le straordinarie figure femminili che hanno dato un contributo fondamentale affinché venisse ammirato e celebrato come accade.

La prima è l’inglese Ada Bootle-Wilbraham Caetani (1846-1934), donna manager, alpinista ed emancipata, moglie del duca Onorato Caetani, personaggio di rilevanza politica che fu Ministro degli Esteri e sindaco di Roma. Alla fine dell’Ottocento i due coniugi dividevano il loro tempo tra il Palazzo Caetani di Roma in via delle Botteghe Oscure, il Palazzo Caetani di Cisterna -dove Ada, amazzone esperta, allevava cavalli che rifornivano le scuderie del Quirinale- e l’amata tenuta sul lago di Fogliano, vicino al Circeo: a Fogliano infatti Ada aveva dato vita a un parco/giardino in stile vittoriano, soprannominato dalla famiglia il Congo; qui i Caetani erano soliti invitare i loro ospiti a colazione e a pranzo, primi tra tutti i Savoia con i quali erano legati da una solida amicizia. Presto presero l’abitudine di portare i figli a fare delle piccole e avventurose gite a Ninfa, abbandonata ormai da secoli fatta eccezione per alcuni contadini che vi coltivavano degli orti. Possiamo leggere come si presentava Ninfa ai loro occhi grazie alla testimonianza del 1883 trovata in un memoriale di Leone, primogenito di Ada e Onorato, allora quattordicenne:

Andammo giù per via Appia un poco e poi volgemmo a sinistra per una strada che va a Ninfa. Ninfa è una città che nel 1500 fu abbandonata a cagione di una peste e fu lasciata cadere in rovina. Tutti i monumenti sono coperti d’edera e d’erba e un fondo, non largo, ma rapidissimo torrente attraversa la deserta città. I soli esseri viventi in Ninfa sono gli affittatori d’un mulino ad acqua. Questi, appena arrivammo, si cavarono il cappello e ci vennero incontro. Entrammo nel mulino ed osservammo come macinavano il grano e la biada. Poi attraversammo il torrente sopra una tavola molto stretta, debole e lunga. Per ben mezza ora girovagammo per le rovine esaminando qua e là degli affreschi. Però frappoco ci avvedemmo che avevamo perso la strada, e gira di qua e gira di là non si poteva più raccapezzare la strada fra quelle rovine sì rotte e frastagliate.

Memoriale di Leone

Dalla difficoltà di “raccapezzare la strada” si intuisce la scarsa confidenza dei Caetani con quei luoghi; le cose, però, sarebbero presto cambiate e il fascino di Ninfa avrebbe conquistato la famiglia esercitando su di essa un influsso capace di sprigionare puro incanto. Quando nel 1917 venne a mancare Onorato, spettò a Leone gestire e amministrare i beni della casata; vennero liquidate gran parte delle terre ereditate e, tra queste, il territorio di Fogliano. Sprovvisti del loro giardino, i Caetani cominciarono a proiettare il loro interesse verso Ninfa. Ciò che distingue i Caetani dagli altri proprietari terrieri è il considerare i propri averi non unicamente una fonte di ricchezza, ma un patrimonio da tutelare e mantenere; hanno sempre avuto grande rispetto e considerazione anche nei confronti delle risorse umane: Ada aveva premura della salute dei fattori e metteva a loro disposizione medicine e cure mediche. Lo stesso fece Gelasio Caetani (quintogenito di Ada e Onorato) con i resti della città, entrando a Ninfa in punta di piedi: egli liberò i ruderi dalla vegetazione infestante e li restaurò; per donare nuova vita e vitalità alla città decise di ricorrere all’ausilio delle piante, come era di moda fare all’inizio del Novecento e come usavano fare gli antichi romani: vennero piantate per prime le essenze sempreverdi. Era il 1920: rovine e piante cominciarono a vivere in simbiosi andando a costituire un vero unicum. Gelasio, aiutato da sua madre Ada, aveva dato vita al Giardino di Ninfa che venne così “predisposto” per i successori da madre e figlio: la varietà di rose selvatiche piantate da Ada, è tuttora presente nel Giardino. Cominciava una storia bellissima, nasceva un luogo – oggi visitato da numerosi turisti – che avrebbe preso forma anno dopo anno grazie alla sensibilità di ogni componente della famiglia, grazie alle capacità e alle attenzioni delle sue donne.

Nel 1934 subentrarono nella gestione del Giardino altri Caetani: Roffredo, terzogenito di Ada e Onorato, e l’americana Marguerite Chapin Caetani (1880-1963), sua moglie; inizialmente i due risiedevano a Parigi, ma in seguito alla scomparsa di entrambi i fondatori, Ada e Gelasio, si trasferirono a Ninfa. Roffredo era un compositore, Marguerite una cantante lirica appassionata d’arte; presto diventò una mecenate fondando le riviste Commerce e Botteghe Oscure (1948-1960). E da questo momento storia, letteratura e natura iniziarono a mescolarsi: affidando la redazione della rivista romana Botteghe Oscure allo scrittore Giorgio Bassani, poco più che trentenne, con il quale Marguerite condivideva la convinzione di valorizzare la buona letteratura e la volontà di far conoscere gli scrittori esordienti, Ninfa cominciò a essere frequentata da vecchi e nuovi amici (italiani, francesi, inglesi, americani, …) scrittori, musicisti, artisti che da essa si lasciavano inebriare e ispirare per le loro opere; Marguerite spalancò le porte del Giardino e il Giardino cominciò a germogliare nelle note, nelle parole e nei lavori dei loro amici. Bassani più di tutti aveva a cuore Ninfa tanto da inserire all’interno de Il giardino dei Finzi-Contini (1962) alcuni echi, delle suggestioni che venivano proprio dal Giardino dei Caetani, respirato e vissuto grazie alla preziosa amicizia di Marguerite. Lo scrittore ci fornisce una descrizione della donna accurata e soprattutto accorata:

Marguerite Caetani era quel che si dice un mecenate. […] Da un punto di vista mio personale non c’è dubbio, e mi piace ricordarlo a distanza di poche settimane dalla sua scomparsa, che io ho imparato molto, da lei. Ho avuto occasione di conoscerla in anni difficili per tutti, e anche per me. Ero, a quel tempo, nel 1947, ancora in gran parte immerso in problemi miei, esclusivamente miei, come accade a qualsiasi giovane portato a vivere di una realtà prevalentemente interiore e in un certo modo ossessiva. Ciò avveniva per me anche sul piano letterario. […] Marguerite Caetani mi insegnò, non già a prendermi meno sul serio, ma a vedere le cose della mia vita in una prospettiva più reale. Era una donna di grande e severa generosità, e di grande carattere, ma possedeva anche il dono della distrazione interiore. Aveva innato il senso delle proporzioni, e, come le persone che per istinto o per uso di mondo sono abituate a guardare da punti di vista superiori, quelli della relatività. Innamoratissima della letteratura, molto sensibile ai valori dell’arte, Marguerite Caetani ignorava il fanatismo. La sua impetuosa natura americana si era sposata in maniera incantevole con quanto di più raffinato e gentile appartiene all’Europa dei primi decenni del secolo.

Negli ultimi anni, precisamente dal 2018, il Giardino di Ninfa è entrato a far parte dei Parchi Letterari Italiani ed è intitolato proprio a Marguerite Chapin Caetani; è un omaggio grande quanto speciale: è l’unico Parco a portare il nome di un promotore culturale e non di uno scrittore.

A partire dal 1950 è Lelia Caetani (1913-1977), figlia di Roffredo e Marguerite, a occuparsi del Giardino. Ultima erede e giardiniera, Lelia dona a Ninfa il tocco finale: è da questo momento che possiamo definirlo effettivamente Giardino. Nonna inglese, mamma americana, Lelia nasce a Parigi e vive una vita circondata da continui e frequenti stimoli culturali; diventa un’abile e apprezzata pittrice. In un certo senso il Giardino di Ninfa è il grande quadro di Lelia che prende vita: ogni angolo doveva raccontare una storia, suggerire delle percezioni, ogni luogo doveva ricreare una scenografia, un ambiente, quasi fosse un’inquadratura, un particolare scorcio di un suo dipinto. Lelia arricchisce il Giardino dal punto di vista estetico e botanico: numerose sono le essenze introdotte da lei, in quel territorio che è stato campo di vera sperimentazione; Lelia fa di più, trasforma il Giardino in un’oasi di pace segreta: pensa a Ninfa come a un piccolo Eden nel quale il visitatore avrebbe dovuto perdersi per caso; per chi si avventura la prima volta infatti, il Giardino non sembra facile da trovare e gli spazi esterni confondono e mettono in dubbio ciò che si nasconde al di là delle mura. Non avendo eredi, l’ultima discendente decide di istituire la Fondazione Roffredo Caetani (il 14 luglio 1972) per assicurarsi che qualcuno negli anni a venire avrebbe gestito e curato quel Giardino così fortemente voluto e amato dalla sua famiglia. Quest’anno ricorre il cinquantennale della Fondazione che continua a tutelare e a promuovere l’unicità del Giardino di Ninfa con instancabile entusiasmo e ammirevole passione.

Vi è un incanto nei boschi senza sentiero.

Vi è un’estasi sulla spiaggia solitaria.

Vi è un asilo dove nessun importuno penetra

in riva alle acque del mare profondo,

e vi è un’armonia nel frangersi delle onde.

Non amo meno gli uomini, ma più la natura

e in questi miei colloqui con lei io mi libero

da tutto quello che sono e da quello che ero prima,

per confondermi con l’universo

e sento ciò che non so esprimere

e che pure non so del tutto nascondere.

Lord byron

Giorgia Pellorca

“Festina lente”
Svetonio, Vite dei Dodici Cesari. Augusto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *